Ha ri-aperto a Venezia il nuovo SpazioEventi della Libreria La Toletta con la direzione artistica di uno dei più importanti fotografi italiani contemporanei: Michele Alassio e noi siamo andati subito a intervistarlo
Una programmazione fotografica ambiziosa e di altissimo profilo quella del nuovo Spazio Eventi La Toletta. Esiste una tendenza o, per così dire, un macro filone che unisce la maggior parte delle proposte espositive?
No, non vi è una tendenza né una preferenza di stili o generi da parte mia, sarebbe una contraddizione in termini con l’incarico di direttore artistico. La galleria è aperta a qualsiasi tipo di proposta grafica e fotografica, con due sole discriminanti: l’assoluta qualità delle opere, e la sincerità della proposta. Il che significa che anche se ho una precisa idea su cosa dovrebbe essere la fotografia artistica, non disprezzo nulla di ciò che accade al di fuori della mia concezione, purché sia apprezzabile all’interno delle due discriminanti di cui sopra.
Come dialoga lo Spazio Eventi La Toletta con il tessuto cittadino veneziano? Avete già pensato a collaborazioni o a progetti condivisi di ampio respiro che coinvolgano realtà limitrofe di eccellenza?
Io mi occupo esclusivamente della parte artistica ed espositiva, Giovanni (Pelizzato, titolare della libreria Toletta e dello spazio) della parte letteraria. Per mio conto, non ho alcuna preclusione nei confronti della città, e sono aperto a qualsiasi proposta che rispetti le uniche 2 regole che ho già esposto. Quanto ai progetti di ampio respiro, nel senso di far parte di un progetto espositivo che si articola in più sedi non credo che siano praticabili per una sostanziale differenza di qualità espositiva in termini ambientali ed illuminotecnici. Lo Spazio Eventi in questo senso, per il momento, è una realtà unica, con standard qualitativi non ravvisabili in nessuna delle attuali realtà, incluse quelle istituzionali e museali, ed è dedicata al godimento degli originali, siano essi fotografici o grafici. Poche immagini, ma le migliori ed esposte nel miglior modo. Far parte di una kermesse che non possa offrire le stesse qualità non è nel nostro interesse. La prossima notte bianca, per la sua natura sarà solo una eccezione accettabile avendo una esposizione in corso, ma in futuro nulla sarà presentato se non interamente progettato e controllato dalla direzione artistica.
Emerge la chiara intenzione di promuovere proposte fotografiche meritevoli di fotografi che non hanno l’opportunità di autofinanziarsi un’esposizione pubblica. Quali sono le dinamiche che metterete in campo a questo proposito?
Il Venice Photo Prize, grazie alla collaborazione di Banca Generali, è una iniziativa che va esattamente in questa direzione: offriamo a un assoluto esordiente, in modo del tutto gratuito, non sono la possibilità di realizzare una serie a Venezia, ma anche di esporla nel periodo di maggior interesse (durante la Biennale Arte). E’ un modo per scardinare il mercato delle locazioni per esibizioni artistiche, che ha avuto una lievitazione dei prezzi degli spazi che impedisce del tutto una offerta fresca e giovane. Nessuna galleria presenta un esordiente perché, visti i costi, il rischio è altissimo. Questo fa sì che ad ogni Biennale si vedono le identiche gallerie e i soliti noti. laToletta Eventi fa esattamente il contrario: offre i propri spazi (i migliori come attrezzature generali) in modo del tutto gratuito.
In questa mostra d’esordio l’artista e il direttore artistico coincidono. In che modo quest’ultimo si pone nei confronti della “sua” esposizione?
La decisione di aprire, a Venezia, con una esposizione che parlasse della città, è stata sofferta ma inevitabile. Lo Spazio Eventi è e sempre sarà, in primis, una offerta culturale (gratuita, non ci sono biglietti) dedicata a quel che rimane della nostra residenzialità ma, nel contempo, di respiro internazionale e nelle proposte espositive e nella frequentazione. Le mie ultime tre serie poi descrivono i problemi della città, lo shock della pandemia, l’incertezza per il futuro. Nessun altro fotografo al mondo conosce meglio queste realtà né è riuscito ad esprimerle altrettanto intensamente, perché il punto di vista e la conoscenza del territorio è fondamentale e vivendo a Venezia, ed amandola, forse sono partito privilegiato.
Da fotografo hai viaggiato in tutto il mondo collaborando con riviste internazionali come Vogue, Elle, Lui, Vanity Fair e lavorando a campagne di moda di haute couture. Perché tornare a Venezia proprio ora con una proposta espositiva permanente?
Perché Venezia rimane, nonostante tutto, da un punto di vista artistico, il centro del mondo. Lo è per la Biennale, ma anche per se stessa, per ciò che regala a chi la vede e per l’immensa cultura visiva e letteraria che contiene e può offrire. Tutte le altre
metropoli devono inventare un motivo per allestire una esposizione, a Venezia basta mostrarsi per quel che è, perché è una esposizione in se stessa. Il punto è che questo fa sì che sia usata come vetrina, e non come centro permanente di arricchimento culturale. Lo Spazio si propone questo: una offerta culturale ed una discussione continua, con la città e con il mondo. Del resto, i numeri ci han dato ragione, il vernissage del 4,in contemporanea con l’apertura di Palazzo Grassi, la mostra del cinema del lido e tantissimi altri eventi ha visto centinaia di presenze dalle 16 alle 23, senza i mezzi e la pubblicità sovrastante dei nostri competitor, con solo 100 locandine e nessun poster murale (gli spazi erano tutti occupati).
Dopo “Venice’s autopsy”, “Our darkest hour, its radiant time”, “Mirages-joking with fire” che raccontano lo stravolgimento che ha colpito Venezia nel solo arco di tre anni, dove senti di dover puntare l’obiettivo?
Non a Venezia. Del resto è stata una scelta causata più dall’impossibilità di viaggiare che da altro. Dal 6 all’11 ottobre esporrò le mie serie classiche al MIA a Milano, nello stand più grande della fiera, dove presenterò anche il mio libro “Passing Steamer-nella fotografia” edito da La Toletta-Edizioni che senza alcuna pubblicità sta andando piuttosto bene. Poi penserò al da farsi. Mi serve sempre una immagine di partenza per costruire una serie e negli ultimi quattro mesi tutte le mie energie sono state spese per lo spazio.