Gianfranco Tonin | L’artista che ha fatto della sua libertà espressiva un modo di essere (e di vivere)

Una conversazione con l’artista Gianfranco Tonin, il vincitore della sezione “Opera più votata dal pubblico” al Premio Internazionale per l’Arte Contemporanea Visioni Altre 2022-2023 di Venezia

Il momento della premiazione alla Galleria Visioni Altre di Venezia

Ti definisci un autodidatta, cosa ha significato per te? E come nasce la tua vocazione artistica?

L’irruenza giovanile e la poca propensione alla disciplina si è scontrata presto con la rigidità scolastica e questo ha fatto sì che dopo tre anni io lasciassi l’Istituto Statale d’Arte che frequentavo. Devo confessare, a onor del vero, che non ero particolarmente interessato allo studio dell’arte classica, in quanto affascinato dall’arte contemporanea, in particolar modo dal movimento Dada e dalla Pop Art. Non ho quindi acquisito un curriculum scolastico canonico ma ho intrapreso un percorso artistico in modo autonomo. Non saprei dire se ci ho guadagnato o perso, quello che so è che ho iniziato a dipingere cercando una tecnica a me più vicina per esprimere quello che vivevo. Mi sono sentito libero, incoscientemente libero. 

Raccontaci del tuo periodo in bianco e nero. Lo definisci “la sintesi tecnica di una ricerca creativa e poetica”…

In quegli anni (fine anni 70 del secolo scorso) volevo “vivere d’Arte”, vivere cercando un qualcosa che “È TRA”, guardando allo specchio la realtà, la provocazione, l’amore, le emozioni e le paure. Per alcuni anni ho cercato e combinato diverse tecniche e materiali, passando dalla tela al cartone e dalle tempere ad olio alle vernici sintetiche. Ero alla ricerca di una essenzialità, sia nella tecnica sia cromatica, che lasciasse spazio all’immaginazione e alla poesia giungendo quindi a una rappresentazione in bianco e nero, due tonalità essenziali, neutre e contrapposte quali sinonimo di giusto e ingiusto, di buono e cattivo, di bello e brutto, di ombra e luce. 

Così, gradualmente, ho abbandonato completamente il colore per utilizzare solo la matita e il cartoncino bianco (il mio riferimento artistico era il fotografo Helmut Newton). Riprendevo ritratti o figure umane e li rielaboravo, ricontestualizzandoli, creando altre immagini in un fotografico realismo figurativo dal sapore underground. La provocazione portava messaggi diretti, netti , come può fare solo il bianco e il nero e che poi, nel tempo, ha trovato tutte le sfumature del grigio, in un “Divertissement Estetico” (un esempio del 1984 è “ Se si rompe la rete” che vede due donne baciarsi dietro una rete strappata proprio all’altezza delle bocche. Esposto alla 68ma esposizione collettiva della Fondazione Bevilacqua a Venezia).

Perché, a un certo punto, abbandoni le tecniche tradizionali per approcciarti a materiali “altri”?

Se il riferimento è alle tempere ad olio e alla tela, posso tranquillamente affermare di averle lasciate molti anni fa, perché desideravo ed ero alla ricerca di altre tecniche per esprimermi. Dopo essere arrivato alla sintesi del bianco e nero, su cui ho lavorato per una quindicina d’anni, ho cominciato a raccogliere quello che mi circondava, materiali di uso comune per tornare a sperimentare e in quel contesto, sono tornato a utilizzare il colore. Ho dipinto su vetro, con vernici sintetiche partendo da un dettaglio (ad es. un riflesso di luce) per arrivare allo sfondo; ho inciso con una punta metallica pannelli di legno sovrapponendo vari strati di vernice di diverso colore. La caratteristica che legava questo tipo di lavoro e che naturalmente ne è diventata il filo conduttore era sempre la figura umana, per me simbolo focale dell’universo. Alla fine degli anni 90 ho realizzato una serie di lavori con pastelli colorati, dove tratti e linee realizzati con movimenti molto veloci su fondo bianco, andavano a creare dei panorami con il punto d’orizzonte non definito. 

Senza presunzione oggi posso dichiarare di non avere mai smesso di cercare nuove strade o materiali altri, come ad esempio le diverse tipologie di materiale plastico (silicone), cellophane, borsette di Nylon, catramina o polveri cementizie. Una personale ricerca/sperimentazione continua e costante, per relazionarmi con l’osservatore anche attraverso il gioco e le sue reazioni. Negli ultimi anni ti stai dedicando al tema dell’ambiente e delle conseguenze che certi comportamenti umani arrecano alla natura. Perdonaci la provocazione, in un tempo in cui tutti “chiacchierano” di salvaguardia dell’ambiente, credi che l’arte possa davvero far riflettere e invogliare a un cambiamento?

Negli ultimi anni ti stai dedicando al tema dell’ambiente e delle conseguenze che certi comportamenti umani arrecano alla natura. Perdonaci la provocazione, in un tempo in cui tutti “chiacchierano” di salvaguardia dell’ambiente, credi che l’arte possa davvero far riflettere e invogliare a un cambiamento?

Non so se l’arte possa invogliare a un cambiamento, quello che è certo è che l’arte può far riflettere e rendere chi guarda più sensibile ad un eventuale rapporto con l’ambiente. Dal 2017 ho cominciato a utilizzare la plastica nella realizzazione di opere che rappresentano il mare e i suoi organismi viventi, in un percorso che dalla rappresentazione figurativa si arriva all’opera informale, nascondendo tuttavia una visione iperrealista poiché, guarda caso, è esattamente quello che possiamo trovare nella realtà. Giocando con il paradosso, queste opere lasciano trasparire un chiaro messaggio di denuncia. Denuncia che non si può ignorare e che ho avuto il piacere di trovare anche nella lettera enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco e di cui consiglio la lettura. L’avidità di una società votata al profitto sta portando l’essere umano alla ricerca di un benessere non più sostenibile. Il pianeta vive un degrado ecologico e sociale che ci sta portando a rischio di una futura estinzione. Pensiero mio: forse stiamo manifestando la vera indole umana, non più istinto di sopravvivenza ma inconscia volontà di autodistruzione nascosta nel profondo di noi stessi.

E’ ancora tempo che l’arte parli di temi sociali? 

Sì…! L’arte si è posta da sempre come linguaggio universale, rappresentazione del divino, dell’armonia e della bellezza ma anche come denuncia dei mali e delle ingiustizie a rappresentazione della società in cui si sviluppa, spesso anticipando e stimolando culturalmente un modo nuovo di vedere o sentire, un cambiamento futuro. Da Giotto con la cacciata dei mercanti dal tempio, alla Scuola di Atene di Raffaello per indicare i valori del bene, del vero e del bello, a Goya che con “Fucilazione del 3 maggio 1808” per la prima volta vengono denunciati gli orrori della guerra, da Picasso al movimento DADA, passando dall’Arte per l’Arte a Banksy, uno degli streetartist più conosciuti al mondo che, ha saputo diffondere messaggi di denuncia sociale in chiave satirica. L’arte è comunicazione, introspettiva o esplicita. L’arte parla, anzi URLA. 

Alla fine del 2022 decidi di partecipare a un Premio per l’Arte Contemporanea a Venezia e, arrivato in finale, il tuo lavoro è il più acclamato dal pubblico. Immaginiamo che sia stata una piacevole soddisfazione, dicci come ti ha fatto sentire e secondo te, qual’è il valore aggiunto che ha permesso alla tua opera di essere tanto apprezzata (ricordando che ha vinto su 78 opere in esposizione!)

Sono molto soddisfatto e grato del riconoscimento ricevuto dal Premio per l’Arte Contemporanea, l’emozione è stata grande anche perché inaspettato. Quale può essere il valore aggiunto che ha permesso questo riconoscimento da parte del pubblico…. Credo sia stata l’apparente semplicità dell’immagine raffigurata, una linea d’orizzonte che suggerisce calma, staticità e quindi una grande tranquillità (quello di cui abbiamo probabilmente bisogno oggi) immersa in una luce che da respiro. Non so, questa è la mia idea ma chissà quante altre interpretazioni sono state date in merito. Forse qualcuno in quella striscia di orizzonte ha sentito un urlo… Chissà!

In “Paesaggio Artico” (l’opera premiata) la natura, nel suo insieme, decodifica l’animo umano e le sue sfaccettature. Come si colloca la tua scelta stilistica di armonia e genuinità all’interno di una realtà spesso violenta e contraddittoria?

Abbiamo bisogno di armonia e di luce e in “Paesaggio Artico” la possiamo trovare. Possiamo sentire gli elementi che si legano in una visione che si apre a una geometria, apparentemente regolare ma che ci interroga, offrendoci una prospettiva di osservazione volutamente più ampia. Un sottile suggerimento di azione-non azione, perché quando la natura viene compromessa dall’azione umana, l’equilibrio universale si rompe e la realtà ha bisogno di ricomporre questa frattura, riparando la preziosa sacralità del creato. 

C’è o c’è stato un autore contemporaneo che ha alimentato e accresciuto il tuo percorso artistico? Sia esso pittore, letterato o musicista…

Non posso dire che ci sia/ci stato un autore in particolare che abbia alimentato o accresciuto il mio percorso artistico, ammiro e rimango in genuflessa osservazione difronte a diversi artisti, che a vario titolo e in momenti diversi della mia vita ho sentito più vicini a una mia nuova volontà di espressione. Come si sarà capito, sono costantemente alla ricerca, e sempre aperto al desiderio di lasciarmi contaminare, riproponendo a mio modo quello che sento, quello che vivo e che voglio comunicare. 

Qualche proposito (o sogno ancora non realizzato) per il futuro?

Il proposito è quello di non smettere di lavorare e continuare a ricercare una tecnica e uno stile personali con i quali comunicare. Come ho già ribadito, per me l’arte non può che essere espressione di emozioni e/o spunto di riflessione, attraverso molteplici forme tra cui la semplicità, il gioco, la provocazione, il paradosso. Il sogno è realizzare le molteplice idee che ho in mente e di divulgarle il più possibile. 

In mostra – Venezia, 2023

L’opera è stata in esposizione per tutto il mese di febbraio 2023 a Venezia alla galleria Visioni Altre

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