Nella suggestiva cornice dell’Hotel Ca’ Sagredo di Venezia vengono esposti due lavori su vetro dell’artista Antonia Trevisan dal titolo: GRADIVA. SOGNO E REALTA’
Gennaio 2019 – Gennaio 2020
Gradiva, tra sogno e realtà – Storia e realizzazione
Nel romanzo “Gradiva. Una fantasia pompeiana” Wilhelm Jensen narra la storia della passione dell’archeologo Norbert Hanold per un bassorilievo marmoreo, ammirato nei Musei Vaticani a Roma. Nella fanciulla che incede leggiadra, dotata di “una grazia naturale, semplice, virginea”, egli riconosce le fattezze di una “domina” pompeiana, e le attribuisce l’appellativo di Gradiva, “colei che avanza”. Lo affascina il movimento aereo e fluttuante dei panneggi, che scoprono i piedi nei sandali, ma, soprattutto, lo attrae irresistibilmente quel piede destro che sfiora il terreno con la punta della dita, mentre suola e tallone si levano quasi in verticale.
Gradiva si impadronisce della mente e dei sogni di Hanold a tal punto che egli decide di mettersi in viaggio per Pompei alla ricerca della donna tra le rovine della città vesuviana. La incontrerà sotto il sole abbagliante dell’estate campana, ma la realtà di quella giovane fatta di carne e non di marmo e che gli risponde in tedesco aiuterà l’archeologo ad uscire dal proprio delirio. La Gradiva, vista fra le pietre pompeiane, è infatti Zoe Bertgang, sua vicina di casa, con la quale aveva giocato nell’infanzia. La conclusione banale e ironica del romanzo con la reciproca dichiarazione d’amore della coppia, nulla toglie alla suggestione che avvince il lettore nel seguire l’intricato dipanarsi dell’ossessione di Norbert.
Il racconto, edito nel 1903, fu segnalato da Jung a Freud, che nell’agosto 1906 scrisse Delirio e sogni nella “Gradiva” di W. Jensen, interpretando il testo letterario con gli strumenti dell’analisi clinica. Quello di Norbert Hanold si configura come un caso di rimozione di un amore giovanile, risvegliato dalla figura femminile di Gradiva-Zoe.
Il racconto si presta a molteplici piani di lettura, in cui si intrecciano la passione archeologica e il mito, l’allucinazione e la realtà, l’erotismo e la sua sublimazione.
Trasferite sulla lastra di vetro, le immagini fotografiche della coppia di presenze femminili vivono l’una della vita dell’altra, come nel complicato delirio dell’archeologo.
Nel racconto visionario che Antonia Trevisan ci narra, marmo e carne, Gradiva e Zoe, si compenetrano in un suggestivo dialogo di forme in movimento; il passato del bassorilievo antico assume le fattezze di una giovane di oggi; sogno e realtà si sovrappongono, come due esistenze parallele, illusorie, entrambe possibili.
L’artista, che fin dai suoi esordi si è esercitata nella lavorazione del vetro, si serve della trasparenza di una lastra di vetro temperato per catturare in una immagine di grande efficacia comunicativa il sogno e la passione amorosa del protagonista. Le due figure femminili vengono proiettate, nel gioco sottile delle ombre riflesse, in una quarta dimensione “onirica”, che riassume, ma nel contempo supera, la superficie piatta della pittura e quella tridimensionale della scultura.
ANTONIA TREVISAN
Nata a Vicenza, vive e lavora tra Vicenza e Venezia.
A partire dal 1970 frequenta, presso la bottega di arredamento di Gigi Lanaro a Vicenza, gli appuntamenti serali con architetti come Carlo Scarpa, Arrigo Rudi, Giorgio Bellavitis, Federico Motterle, Umberto Tubini e Domenico Sandri, con lo scultore del vetro Luciano Vistosi e con la tessitrice e designer Renata Bonfanti, che, rifacendosi ai principi teorici di Gropius e del Bauhaus, riconosce valore autonomo all’arte applicata, convinta della necessità di fornire alla società nuovi modelli oggettuali ispirati al massimo della semplicità e funzionalità. In quegli anni comincia a progettare e a mettere in opera le sue prime vetrate impiegando lastre di vetro soffiato colorato, assemblate con collante trasparente e inserite fra pannelli di vetro antisfondamento.
Nel 1988 crea il brand “Antonia Trevisan idee colore” con il quale progetta e realizza vetrate artistiche prestigiose oggi distribuite in Veneto e Lombardia.
Dal 2002 si dedica più intensamente alla pittura che diventa finalmente visibile nel 2010 con la prima personale, cui segue una cospicua serie di esposizioni in Italia e all’estero.
Affascinata dai molteplici risvolti dell’arte, oltre al progetto “Gradiva, sogno e realtà” con il suo lavoro ha analizzato numerosi temi legati alla psicologia e/o alla sociologia.